Cinema: perché facciamo sempre più fatica a seguire i dialoghi nei film?

Cinema: perché facciamo sempre più fatica a seguire i dialoghi nei film?


Nell’arco dei 97 anni dalla nascita del sonoro, la tecnologia è migliorata a tal punto che oggi i microfoni, date le loro esigue dimensioni, non ostacolano più le prestazioni degli attori, permettendo al sound department di lavorare con più fonti di registrazioni nella stessa take proprio perché la naturalezza della recitazione può essere fedelmente ripresa anche attraverso un range vocale bassissimo.

Nuovi ostacoli

Ma se venisse a mancare la centralità e la comprensione della voce stessa per un’eccessiva naturalezza, come potrebbe essere ottemperata tale mancanza in un’arte vococentrica? In un recentissimo reportage realizzato da Edward Vega, videoproducer di Vox Media, viene analizzato come sia sempre più difficile comprendere nitidamente i dialoghi nei prodotti cinematografici odierni, soprattutto quando questi vengono fruiti attraverso device casalinghi. 

Come riscontrato da un sondaggio realizzato per lo stesso reportage, il cui quesito domandava se si facesse uso di sottotitoli durante la visione di un film in TV,  il 57% dei votanti ha ammesso di non comprendere a pieno cosa gli attori dicano durante un dialogo senza l’utilizzo esclusivo dei sottotitoli.

Il suono nel cinema come spiegato da Michel Chion, teorico dell’ascolto e docente presso l’Università Sorbonne Nouvelle di Parigi, deve rappresentare un valore aggiunto, il contrappunto alla scena. “Con l’espressione valore aggiunto designiamo il valore espressivo e informativo di cui un suono arricchisce un’immagine data, sino a far credere, nell’impressione immediata che se ne ha o nel ricordo che se ne conserva, che quell’informazione o quell’espressione derivino naturalmente da ciò che si vede, e siano già contenute nella semplice immagine. Ma innanzitutto, a livello primario, il valore aggiunto è quello del testo all’immagine. Teorizzare che il suono nel cinema sia nella maggior parte dei casi voconcentrista, significa ricordare che, quasi sempre, esso favorisce la voce, la mette in evidenza e la separa dagli altri suoni”.

Nell’osservazione di tale questione Vega ha intervistato la Dialogue Editor e Sound Designer Austin Olivia Kendrick di Peace Pictures. Nel corso della loro conversazione la Dialogue Editor ammette che il problema risiede principalmente nel fatto che ormai la prassi per avere un film fortemente cinematico sia quello di concepire un suono esplosivo a 360°. Allora perché non alzare semplicemente il volume della voce?



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di Federico de Feo www.wired.it 2023-03-21 05:20:00 ,

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